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venerdì 23 dicembre 2011

AUGURI


I Socialisti di Genzano augurano a tutti Buone Feste

mercoledì 21 dicembre 2011

L’ultimo post


Il Psi ha presentato tre emendamenti alla manovra economica del Governo, in questi giorni in discussione al Senato, chiedendo che vengano presi in esame e votati in aula. Gli emendamenti, presentati dal Sen. Vizzini, Presidente della Commissione Affari Costituzionali del Senato, riguardano alcuni temi discussi nell’ultima riunione della segreteria nazionale. Il primo emendamento presentato riguarda l’Imu cioè la nuova Ici. I socialisti chiedono, attraverso questo emendamento, che vengano escluse dal pagamento dell’Ici le abitazioni principali che costituiscano l’unica proprietà immobiliare. A questo si aggiunge la richiesta di abrogare l’esenzione dall’imposta per tutti quegli edifici di proprietà di enti religiosi adibiti anche ad attività commerciali (e quindi quelli “non esclusivamente commerciali”). ‘L’esercizio a qualsiasi titolo di un’attività commerciale – si legge nell’emendamento-  anche nel caso in cui abbia carattere accessorio rispetto alle formalità istituzionali dei soggetti e non sia rivolta a fini di lucro, comporta la decadenza immediata dal beneficio delle esenzioni dell’imposta’. In questo modo si cancella un vero obbrobrio creato da questa scellerata definizione (si veda il post “Dio e Cesare”) e si recuperano notevoli risorse finanziarie che potranno coprire (eccome!) i mancati introiti derivanti dall’esclusione per l’abitazione principale delle famiglie italiane. Insomma la seconda richiesta serve per la prima. 
Il secondo emendamento introduce nell’ordinamento il cosiddetto “prestito forzoso”a carico dei detentori dei grandi patrimoni: ‘in considerazione della eccezionalità della situazione economica e tenuto conto della  esigenza di raggiungimento degli obiettivi di finanza pubblica concordati in sede europea, ai soggetti che  detengono attività finanziarie di importo superiore a 1milione di euro, è fatto obbligo di sottoscrivere, nella  misura dello 0,5% del patrimonio, titoli del debito pubblico poliennali. Sui titoli è corrisposto un tasso di interesse corrispondente all’indice dei prezzi al consumo applicabile'.
Il terzo emendamento riguarda i costi della politica eliminando la disposizione che consente ai privati, che contribuiscono a favore dei partiti per importi fino a 50.000 euro, di rimanere occulti e, nello stesso emendamento, si prevede per i contributi ai partiti politici la medesima detraibilità spettante alle Onlus.
Con questo ultimo post chiudiamo. Per il 2011 naturalmente. Il prossimo anno saremo di nuovo qui, con le nostre idee e le nostre proposte, sempre aperti al confronto civile e democratico con chiunque voglia farlo.

venerdì 9 dicembre 2011

Il caffè socialista

Il 23 novembre scorso si è svolta l’assemblea congressuale del Psi di Basilicata in vista di quella nazionale dei primi di dicembre a Fiuggi. L’ampia cornice di pubblico ha visto la partecipazione dei massimi rappresentanti di quasi tutte le forze politiche lucane e di numerose compagne e compagni. 
Per la sezione di Genzano erano presenti il segretario cittadino Alessandro Ciola, e il vice-segretario Vito Quagliara. Questa nutrita partecipazione è il segno tangibile che i socialisti non solo esistono ma, malgrado le note vicende iniziate con la stagione giustizialista del 1992, sono lungi dallo scomparire come invece vorrebbero in molti. Gli ottimi risultati conseguiti alle ultime elezioni amministrative lasciano ben sperare per un definitivo rilancio dell’unico partito autenticamente riformista. L’unico partito che sin dalla sua nascita porta con sé i geni della cultura riformista, laica e liberale, così tanto liberale da sorvolare su chi si appropria indebitamente, per finalità propagandistiche o di facciata, dell’aggettivo “riformista”. Una cultura che ha permesso la conquista dei diritti civili e il miglioramento delle condizioni sociali ed economiche del nostro paese. Il riformismo socialista è difesa dei più deboli, è dare più attenzione ai bisogni dei molti e non alle necessità dei pochi, è estendere al maggior numero di persone le libertà individuali e i diritti civili. E’ questa la bussola che indica il nostro cammino. Chi è autenticamente socialista sa che non ci sono altre vie, altri percorsi oltre questo. Il tema principale dell’assemblea, dal titolo “Per amore della Basilicata: svegliamola”,  ha riguardato la situazione della nostra regione. Una situazione non ancora drammatica ma certamente per nulla rosea. Per troppo tempo la Basilicata ha affidato il proprio sviluppo esclusivamente a finanziamenti esterni, prima dello Stato (la Cassa del Mezzogiorno) e poi della Comunità Europea. La conseguenza è che finite o quasi tali risorse finanziare, con la perdita di competitività dell’Italia e con il patto di stabilità, l’economia lucana si è fermata. Per farla ripartire occorre svegliarla con un caffè buono ma anche forte. Un caffè socialista. La cui miscela è fatta di idee e azioni. Innanzitutto noi socialisti siamo convinti che ormai è tempo di una nuova cultura politica che sappia coinvolgere attivamente quella parte di società civile, i giovani e gli anziani, che spesso ne è esclusa. Una politica sempre meno ingerente nella gestione degli enti e delle società. Per questo siamo per un nuovo Statuto che stabilisca, una volta per tutte, se l’Ente Regione deve essere il legislatore e l’ente di programmazione o anche quello di gestione. Di conseguenza proponiamo l’accorpamento di tutti gli enti e le società su cui la Regione è direttamente competente. Per fare un esempio, Acqua SpA con Acquedotto Lucano e SEL, i Consorzi di Bonifica con l’ALSIA. Si ottengono da un lato una maggiore efficienza e quindi, un migliore servizio ai cittadini e dall’altro un minor di spreco di risorse finanziarie. Siamo per la modifica della legge elettorale regionale sulla falsariga di quella per le elezioni provinciali. Questo per dare la possibilità a tutte le aree della regione di poter esprimere i propri rappresentanti in seno al Consiglio regionale. Noi socialisti riteniamo che il ruolo di consigliere sia incompatibile con quello di assessore regionale. Perché bisogna separare nettamente la funzione di indirizzo politico, tipico del Consiglio, da quella di governo, di competenza della Giunta. Sullo sfruttamento delle risorse naturali la nostra proposta è quella di rinegoziare le royalties, troppo squilibrate a favore dello Stato e delle compagnie petrolifere. Inoltre siamo contrari a nuove trivellazioni e favorevoli a riservare ampie aree e comprensori all’agricoltura, al turismo e a piccole attività imprenditoriali e artigiane. Per quanto riguarda lo sviluppo e l’occupazione, la principale priorità, riteniamo che sarebbe meglio passare a strumenti semplici a sostegno dell’occupazione a tempo indeterminato. Bisogna ripensare il sistema degli incentivi alle imprese, non più finanziamenti con contributi a fondo perduto ma finanziamenti integrali basati su linee di credito garantite, e concentrarli sulle piccole imprese (artigiane, agricole, manifatturiere) che rappresentano il tessuto produttivo regionale e nazionale. Infine c’è bisogno di recuperare credibilità della politica e delle istituzioni. Il centrosinistra lucano deve ritrovare la coesione, cogliendo l’occasione della verifica del tavolo regionale per aprire un costruttivo confronto non in merito all’organigramma della nuova Giunta ma sugli obiettivi politico-programmatici. Tutti devono fare un passo indietro, a partire dal Pd. Il quale deve dare l’esempio e dimostrare di essere veramente un partito e non una compagine di leader locali che bisogna “accontentare” occupando tutte le postazioni istituzionali disponibili. Per contro il Pd deve ascoltare e includere anche partiti che sono portatori di grandi culture politiche, dal riformismo socialista ai moderati e a Sel. Solo così si ridà credibilità e autorevolezza alle istituzioni e alla politica. Questo è il caffè che noi socialisti vogliamo offrire per svegliare la Basilicata. A qualcuno, ne siamo sicuri, potrà anche risultare amaro. Ma è così che i veri intenditori suggeriscono di bere il caffè. Per apprezzarlo e gustarlo appieno.


Il servizio del Tgr Basilicata

lunedì 24 ottobre 2011

Miscellanea


Rieccoci, gentili lettori, con un nuovo post. Dal nome particolare, scelto perché ci occuperemo di più argomenti. Iniziamo dai fatti di Roma. Tutti i media hanno parlato solo, o quasi, delle violenze fatte da quei cretini (a voler essere buoni) chiamati black bloc. Noi invece vogliamo fare alcune considerazioni sulla civile, pacifica e importante manifestazione degli indignati, che nulla ha a che spartire con i soggetti di cui sopra. Quali, dunque, le motivazioni e quali i destinatari della protesta. Non la politica e i suoi privilegi ma il mondo finanziario e i banchieri accusati, non a torto, di aver provocato, tramite enormi speculazioni finanziare, una delle più gravi crisi economiche da quella famigerata del 1929. I politici nostrani sono stati zitti sulle reali motivazioni della protesta degli indignati perché da tempo fanno la corte, per candidarli, a banchieri e grandi industriali. Per contro si sono scambiati accuse reciproche sulle violenze dei black bloc. Antonio Di Pietro si è voluto distinguere e ha invocato, incassando l’apprezzamento del ministro Maroni una nuova legge Reale[1]. Finalmente l’ex magistrato ha gettato la maschera rivelandosi per quello che è veramente: né moderato né di sinistra (e nemmeno di centro…). A seguito delle vivaci polemiche il buon Tonino si è affrettato a smentire se stesso. E pensare che l’Idv è uno degli assi portanti dell’attuale (e futuro) centrosinistra! Passiamo alle elezioni regionali in Molise dove il centrosinistra è stato sconfitto, secondo Dario Franceschini, grazie al Movimento 5 Stelle. Analisi totalmente sbagliata. Detto che ognuno è libero di votare per la parte che sente più vicina, il voto si conquista non si esige. Il centrosinistra ha perso principalmente per colpa del Pd che ha voluto forzatamente candidare come presidente un ex di Forza Italia, e ha portato a casa, come singolo partito, un misero 9%. A questo si deve aggiungere il calo di voti dell’Idv e il clamoroso flop di Sel, i quali, sia quando candidano persone diverse dai loro leader (essendo entrambi one-man party[2]) sia soprattutto quando si tratta di consultazioni dove i voti non sono quelli virtuali della televisione ma vengono espressi nell’urna, non mietono tanti consensi, anzi. Per contro, malgrado l’assenza della lista nella provincia di Isernia, noi socialisti abbiamo ottenuto un’ottima performance, migliorando di molto il risultato del 2006 (allora era lo SDI)[3]. Un risultato significativo che deve essere uno sprone per un rilancio della cultura socialista e riformista in Italia. Speriamo solo che la lezione del Molise serva a costruire un centrosinistra credibile. E a proposito di centrosinistra, Enrico Letta è stato ospite nella puntata del 17 ottobre del programma Ahi Piroso de La7. Alla domanda del conduttore, il giornalista Antonello Piroso, sulla proposta dell’Idv e di Sel (ma anche di Parisi del Pd) di fare immediatamente le primarie di coalizione, Letta ha risposto che vengono prima il programma e le alleanze, giudicando la proposta frettolosa e inopportuna, fatta da partiti che "sono costruiti ad immagine e somiglianza dei loro leader" e cioè partiti autocratici, proprio come il Pdl di Berlusconi (in fondo al post, c'è il video con la risposta completa). Alla luce delle affermazioni di Letta, però, non si capisce perché il Pd ancora prediliga l'asse con questi partiti "poco democratici". Il sospetto è che sia solo per opportunismo elettorale. Infine due parole su Gheddafi. E’ risaputo che con il Colonnello quasi tutti i paesi occidentali, a vario titolo e in vari anni, hanno avuto rapporti, amichevoli e non. Così, alla notizia della sua fine tutti i governi delle democrazie occidentali hanno preferito fare pochi commenti. Ad eccezione del nostro. Dal quale ci saremmo aspettati qualche parola di umana pietà per l’ex amico, accolto solo qualche mese fa con tutti gli onori. Invece abbiamo assistito a dichiarazioni imbarazzanti e ipocrite. Il ministro Frattini non più di un anno fa definì Gheddafi “un grande alleato per l’Italia” mentre ora ha dichiarato che la sua fine è “una grande vittoria del popolo libico”. Il ministro La Russa non poteva essere da meno e non lo è stato con il suo “dobbiamo gioire”. E di cosa, di un corpo trascinato per la strada? O degli sputi, dei calci e degli oltraggi ad un cadavere? Ma il non plus ultra è stato, manco a dirlo, Berlusconi. Che nella sua sublime e nota goffaggine ha dichiarato, riferendosi a Gheddafi, "sic transit gloria mundi"[4]. E forse, con un certo rammarico misto a preoccupazione, si riferiva anche a se stesso. Amen



[1] La legge Reale, dal nome del suo redattore, il Ministro di Grazia e Giustizia Oronzo Reale, fu introdotta nel 1975 per combattere i c.d. anni di piombo. Per un maggiore approfondimento vi rimandiamo al seguente link:


[2] Tradotto letteralmente: un uomo, un partito 

[3] Questo il link con i risultati:
http://www.repubblica.it/static/speciale/2011/elezioni/regionali/molise.html


[4] Letteralmente: "così passa la gloria del mondo". E' la famosa locuzione usata quando viene eletto un Papa. Sta a significare la caducità e la volubilità della condizione umana.



L'intervento di Enrico Letta 

venerdì 14 ottobre 2011

La vittoria di tutti


Adesso che la fiducia al governo Berlusconi è passata possiamo tirare le somme su queste convulse giornate. Il Presidente del Consiglio è visibilmente sollevato e soddisfatto. Ha incassato una fiducia insperata, malgrado il suo ostentato (e forzato) ottimismo. Noi invece non siamo affatto soddisfatti. 
Il premier è ormai incapace di governare, ostaggio com'è dei suoi cortigiani, che non hanno ancora trovato un altro approdo sicuro, e della Lega (Bossi oggi ha ribadito che si va al voto quando lo decide lui) i quali continuano a tenerlo a galla mentre il Paese va a rotoli senza che nessuno si preoccupi di fermarne la corsa e invertire la rotta. In un comico (ma che di comico ha veramente ben poco) lapsus freudiano Cicchitto ha detto che “noi abbattiamo la crescita”. Insomma un governo alla frutta. E nella migliore tradizione italica che vede in politica nessuno sconfitto, anche l’opposizione, stavolta unita almeno nel votare contro (i programmi vengono dopo...forse), ha vinto. Lo si deduce dalle parole di Dario Franceschini, presidente del gruppo parlamentare del Pd il quale, soddisfatto del voto, ha dichiarato che la maggioranza perde pezzi. Ora, è vero che in politica nulla è scontato, nemmeno la matematica, ma hanno votato a favore della fiducia 316 deputati a fronte dei 314 dello scorso 14 dicembre 2010. A noi risulta, ma possiamo sempre sbagliare per carità, che 316 è un numero maggiore di 314. E se anche ciò che Franceschini afferma fosse vero, quante altre “fiducie” si devono votare affinché questa maggioranza allo sbando cada? 
La Bindi (mica poteva mancare!) se l’è presa (per dirla con un eufemismo) con i radicali che, votando alla prima chiamata, hanno permesso il raggiungimento del quorum necessario per la validità della votazione. 
Ma benedetta donna (non abbiamo ancora capito se ci fa o ci è) quale partito ha permesso ai radicali di entrare in Parlamento? Quale partito ha preferito fare l’accordo solo con l’Idv tra le cui fila militavano Scilipoti e Razzi, artefici del Gruppo dei responsabili che sostiene questo governo? 
E quale partito ha candidato, eleggendolo, Massimo Calearo anche lui fondatore del gruppo suddetto? Queste sono state le geniali scelte, da lei pienamente condivise, fatte nel 2008 dal suo partito, guidato da quella mente politica sopraffina che risponde al nome di Walter Veltroni, da molti detto, chissà perché, anche “Veltrusconi”. Dunque tutti hanno vinto o quasi. 
Già perché c’è uno sconfitto. E’ il Paese, sempre più preda dell’incertezza politica e della crisi economica. Con buona pace dei nostri politici.

martedì 11 ottobre 2011

La credibilità


Ormai è accerchiato, non da donne stavolta, e sa che la sua discendente parabola politica è giunta al termine. Naturalmente parliamo di Berlusconi, la cui pessima fine politica fa emergere una fondamentale questione: la credibilità dei nostri politici. Credibilità che và a braccetto con la moralità, intesa non solo come comportamento onesto (tangenti, abusi di potere) ma anche rinuncia a dei privilegi (stipendi altissimi, vitalizi, pensioni dopo pochi anni, prebende – l’elenco è lungo purtroppo!) che definire vergognosi è dir poco. E se il centrodestra ha perso, da molto tempo, la propria credibilità, il centrosinistra non sta messo molto meglio. Lo diciamo con grande rammarico perché è la parte politica cui noi socialisti apparteniamo. L’attuale centrosinistra è, per ora, composto da Vendola, Di Pietro e il Pd. Gli altri, tra i quali il nostro partito, si devono accontentare di essere marginali soprattutto perché non partecipano, in quanto sistematicamente e scientemente esclusi, al teatrino della politica televisiva, ahinoi l’unico sistema per aumentare i consensi (questo è il berlusconismo: l’importante è apparire in televisione, non cosa si ha da dire o da proporre). Transeat, come dicevano i quiriti, e ritorniamo al tema di questo post. Questo centrosinistra è spaccato su tutto, dalla legge elettorale alle possibili alleanze per le elezioni. Non certo un segnale di credibilità. E non va meglio se prendiamo i singoli partiti. Iniziamo da Vendola il quale, tra un talk show e l’altro, ha come unica preoccupazione quella di fare le primarie, con la speranza di vincerle, per decidere chi guiderà la coalizione sulla quale non ha nemmeno le idee chiare. E il programma? Per il buon Nichi è una questione secondaria se non proprio superflua. Come governatore poi non è che stia facendo così bene, come dimostra la gestione della sanità pugliese, caso Tedesco a parte. Passiamo a Di Pietro, altra star televisiva, che della credibilità ne ha fatto un vanto. I fatti però ci presentano una diversa realtà. Indagini (e più di un indagato) e soprattutto familismo imperante sono una caratteristica dell’Idv. Al punto che molti fuoriusciti dal partito hanno aperto dei siti web definendolo come “l’esatta antitesi della legalità professata dal leader”. I posti chiave sono occupati in larga parte da parenti e amici di Tonino. Non ultimo la candidatura imposta (e in una lista bloccata!), del figlio Cristiano alle regionali del Molise (ci piacerebbe  sapere cosa ne pensano in proposito i vari Santoro e Travaglio da sempre fan dell’ex magistrato). Sul programma della coalizione, proposte fumose se non per il tema della giustizia. Non ci resta dunque che il Pd. Ovvero dalla padella alla brace. Se il centrosinistra è spaccato, il Pd è una bomba ad orologeria. Oltre al caso Penati, la magistratura sta indagando sulle possibili infiltrazioni camorristiche nelle ridicole primarie del gennaio scorso a Napoli, costate una pessima figura al partito di Bersani. E che dire dell’appoggio esterno, con la possibilità di entrare in giunta, alla maggioranza di centrodestra di Lombardo che guida la Regione Sicilia?  I giovani del Pd, Renzi e Civati (separati in casa anche loro!) in testa, chiedono che venga rispettato lo statuto a proposito delle candidature, il che escluderebbe molti notabili del partito[1]. D’Alema, al culmine della sua “sagacia” politica che tanto ha portato alla sinistra in questi anni, dichiara che la socialdemocrazia europea è obsoleta e superata. Dimostrando, ancora una volta, l’ipocrisia e l’opportunismo suo e della parte Ds (cioè gli ex-comunisti) del Pd visto che da molto tempo fanno parte, prendendo incarichi importanti, del Partito Socialista Europeo[2]. Veltroni, per non essere da meno del suo acerrimo nemico, prova a rilanciarsi. Si scaglia contro la lottizzazione della Rai (quoque tu Walter!)[3] e rilancia, con Letta e Franceschini e contro la maggioranza del Pd, l’idea di un governo di transizione che approvi una nuova legge elettorale[4] e faccia le riforme per uscire dalla crisi. Sulla presidenza nazionale dell’ANCI si è consumato uno scontro fratricida che ha visto la supremazia dell’area cattolica (e di quella “nordista”) del partito, che appoggiava il vincitore Delrio, sindaco di Reggio Emilia, su D’Alema e la segreteria nazionale che sostenevano Michele Emiliano, sindaco di Bari. E da ultimo (ma potremmo continuare per molto ancora) gli attacchi alla leadership di Bersani, con i Modem (l’area cattolica) di Veltroni, Fioroni e Gentiloni i quali hanno affermato che “non è detto che Bersani sarà il nostro candidato, neppure nel 2012”. Lasciamo ai lettori le opportune considerazioni in merito. Possiamo solo sperare che la credibilità, questo grido di dolore che da più parti d’Italia si leva verso la nostra classe politica, non rimanga inascoltato.





[1] Lo statuto del Pd prevede al massimo tre legislazioni. Ad esempio la Bindi è alla sesta, ma solo alla prima con il Pd. Per cui, alla faccia del rinnovamento, sono tutti candidabili. Pardon, candidati.

[2] Fu Bettino Craxi a convincere i vertici del PSE, contrarissimi, ad accogliere gli ex comunisti dell’allora Pds (poi Ds) nella grande famiglia del Socialismo Europeo.

[3] Si veda in proposito il libro “Il baratto” del giornalista Michele De Lucia.

[4] Veltroni è stato uno dei principali fautori e sostenitori dell’attuale sistema elettorale, il Porcellum.  Adesso è salito opportunisticamente sul carro di chi lo vuole cambiare…

giovedì 6 ottobre 2011

Il Profumo della politica

Parlare dell’imprenditoria italiana e delle sue ultime uscite nel giorno in cui Steve Jobs ci ha lasciati può sembrare un po' ridicolo, tanto grande è la figura del genio di Cupertino e di ciò che ha inventato e prodotto. 
Magari avessimo un imprenditore che gli somigliasse almeno in parte. 
Anche se così non è ci possiamo consolare perché i nostri imprenditori, resisi conto che l’Italia sta affondando, a mò di cavalieri senza macchia (‘nsomma) e senza paura, sono pronti a sacrificarsi per risollevarne le sorti. Come? Sostituendosi alla tanto vituperata classe politica. 
E che c’azzeccano direbbe il buon Tonino da Montenero di Bisaccia? 
Prima di rispondere a questa domanda facciamo una cronistoria degli eventi. A preparare il terreno è stata Emma Marcegaglia, Presidente di Confindustria, che già da un po’ di tempo ha presentato il cahier de doleances di Viale dell’Astronomia al Governo, già abbandonato (meglio tardi che mai) dalla Chiesa Cattolica con le forti dichiarazioni del card. Bagnasco, e sancendo la definitiva fine della luna di miele. 
Luca Cordero di Montezemolo, anche lui già da tempo, con la sua associazione ItaliaFutura fa politica strizzando l’occhio al Terzo Polo, eventuale casa per una sua probabile discesa in campo. Chi invece ha chiaramente espresso la propria volontà di candidarsi, per il bene dell’Italia s’intende, è il potente banchiere ed ex a.d. di Unicredit, Alessandro Profumo. Infine, per non farci mancare niente, Diego Della Valle compra una pagina dei principali quotidiani italiani per lanciare i suoi strali all’attuale classe politica. Mentre le iniziative della Marcegaglia e di Montezemolo non hanno provocato reazioni, anche perché note già da tempo, quella di Della Valle ha scatenato un piccolo terremoto. Il patron della Tod’s si è scagliato contro la maggior parte dei politici nostrani accusandoli di incompetenza e, in ultima analisi, di aver fallito. A favore di Della Valle si sono schierati l’Udc, ritenendosi la parte buona della politica e quindi non il destinatario dell’attacco, l’Idv e Fli che ne hanno dato una lettura esclusivamente antigovernativa. In realtà l’imprenditore marchigiano non ha fatto nessuna distinzione di schieramento: tutti uguali. La riprova di ciò sta nella reazione furiosa non solo degli esponenti del Pdl ma anche del Pd. In particolare di Rosy Bindi. 
La quale, e non è la prima volta come già abbiamo evidenziato in alcuni dei nostri precedenti post, predica bene e razzola male. Prima si scaglia contro Della Valle e poi fa la corte, politica s’intende, a Alessandro Profumo (non certo uno stinco di santo) invitandolo al convegno della propria corrente (già, gentili lettori, il Pd è talmente “democratico” che ogni parlamentare – o quasi – ha la propria corrente. Quella della Bindi si chiama “Democratici davvero”. Gli altri del partito evidentemente non lo sono!) svoltosi in questi giorni a Chianciano. Peccato però che Profumo si sia già promesso all’Api di Rutelli. 
Per ritornare al tema del post ci sentiamo di condividere, anche se troppo generalizzata, l’accusa di Della Valle. Che l'attuale classe politica abbia fallito è sotto gli occhi di tutti. Non riconoscerlo significa mettere la testa sotto la sabbia come gli struzzi. Che Berlusconi sia il principale artefice di questo sfascio è altrettanto chiaro. E’ pur vero però che qualcun altro, adesso all’opposizione, non si è ancora assunto la grave responsabilità di aver riportato a Palazzo Chigi l’uomo di Arcore per ben due volte dopo che era stato sconfitto alle elezioni. E’ questa la principale corresponsabilità di parte del centrosinistra della disastrosa situazione attuale. Non siamo d’accordo però con Della Valle quando vuole sostituire la società civile alla classe politica. Già in altre occasioni, si discuteva di politica locale, abbiamo espresso la nostra contrarietà a questo pensiero. Non c’è scritto da nessuna parte, ed è ancora tutto da dimostrare, che la classe politica sia peggio della società civile. La quale, se veramente vuole dare un serio contributo al Paese, deve stimolare e se necessario, anche forzare, con proposte e uomini credibili, il rinnovamento della classe politica ormai necessario. Non deve sostituirsi a essa e per fare cosa poi? Cambio di potere? Altrimenti avremo al comando uomini che rispondono solo a se stessi (il caso Calearo sembra non aver insegnato nulla). E dove sarebbe poi il cambiamento visto che è già così in molti partiti, soprattutto a livelli più locali. L’Italia ha bisogno, adesso più che mai, non di improvvisati salvatori della Patria ma di gente che faccia e sappia fare il proprio mestiere. Gli imprenditori investino di più in Italia piuttosto che in Cina. I banchieri allentino i cordoni della borsa e non speculino invece di arricchire un stretta oligarchia a scapito di molti, ingessando in maniera inverosimile l’economia italiana. La classe politica capisca una volta per tutte che il suo rinnovamento non è più procrastinabile e che gli attori attuali, il cui ciclo ventennale è ormai alla fine, devono lasciare definitivamente la scena ad altri che sappiano dare quelle risposte di cui il Paese ha bisogno. D’altronde Silvio Berlusconi non è un politico ma un imprenditore. Che al momento della sua discesa in campo si presentò come un novello salvatore della Patria. 
E’ sufficiente come esempio?

mercoledì 28 settembre 2011

Vent’anni dopo


Ci stavamo accingendo a scrivere un nuovo post quando ci imbattiamo in un articolo online di uno dei maggiori quotidiani italiani. All’inizio abbiamo pensato ad una boutade, talmente incredibile era il contenuto dell’articolo. Rileggendolo più volte (non credevamo ai nostri occhi!) abbiamo capito che si trattava di una cosa seria. No, gentili lettori, non ci riferiamo al tunnel di Mariastella Gelmini (beata innocenza! Ma come ci riesce?) ma ad Antonio Di Pietro. Il quale, pochi giorni fa alla festa laziale dell’Idv ha rivalutato, e con quali termini, la figura politica di Bettino Craxi. Sì, avete letto bene, non è un’allucinazione. Sorpresi? Immaginatevi noi. E immaginiamo come si possano essere sentiti gli iscritti e i simpatizzanti dell’Idv. Probabilmente avranno pensato che il loro leader fosse uscito di senno. Non bastavano gli attacchi a Napolitano, una gestione poco limpida del partito e le ultime uscite su futuri alleati indesiderati. Addirittura la rivalutazione politica di Craxi. Rivalutazione che ormai è da tempo avviata nella giusta direzione dell’obiettività storica, con buona pace di chi ancora, ostinatamente, continua ad avere le fette di salame sui propri occhi (Rosy Bindi in primis). Ma che il riconoscimento politico della figura di Craxi come un grande statista (è di ieri un articolo, sempre di un importante quotidiano nazionale, che racconta della fermezza usata nei confronti di Reagan durante i giorni di Sigonella da Craxi, che arrivò a mentire all’alleato americano pur di difendere e far rispettare la sovranità italiana, riuscendoci in toto) arrivasse da Antonio Di Pietro francamente non ce lo aspettavamo. “Le idee politiche di Craxi erano giuste” e sebbene questo talento politico sia stato vanificato dallo stesso con i comportamenti illegali che conosciamo, “le sue scelte politiche Io le considero importanti”. E non da adesso visto che  già negli anni Ottanta, ammette Di Pietro, seguiva con un certo interesse il Psi di Craxi. Accidenti! Sarà stato anche tardivo ma questo riconoscimento politico, non opportunistico e ipocrita come altri, è estremamente significativo. Il che non cambia il nostro giudizio sull’Idv e su Di Pietro. Sicuramente però apre le porte ad una considerazione più generale. Che riguarda un passato ormai alle nostre spalle e che, in relazione a quello cui assistiamo in questi giorni (e da qualche anno) deve essere riconsiderato in un’ottica diversa. Le affermazioni di Di Pietro sul Craxi politico, che fanno da pendant a quelle più generali di F.S. Borelli che abbiamo riportato in un precedente post ("la nuova questione morale" del 27 luglio scorso), rappresentano non solo un riconoscimento politico sincero e scevro da ogni strumentalizzazione ma anche una giudizio ponderato e oggettivo sulla politica socialista, sui suoi errori, a volte molto gravi, e sulle sue grandi azioni e intuizioni. E’ giunto il momento di chiudere questa dolorosa, perché lo è stata, ma importante stagione della vita politica dell’Italia repubblicana. E guardare ad essa per non ripetere gli errori allora commessi e per prendere da esempio la grande spinta innovativa della politica e della cultura socialista e riformista di quegli anni. Cosa che purtroppo non è ancora avvenuta. Altrimenti non staremmo in queste condizioni.

domenica 11 settembre 2011

In memoria

Ognuno di noi ha la propria personale visione di ciò che è successo 10 anni fa. C'è chi crede al complotto interno, chi invece ritiene sia opera del terrorismo islamico. Non sappiamo quale sia la verità. Sappiamo solo che c'è stata morte e distruzione. Oggi noi vogliamo solo ricordare le vittime di questa follia tutta umana. Per non dimenticare.

giovedì 25 agosto 2011

Dio e Cesare

Eravamo indecisi se scrivere o meno questo post. La questione è delicata e si rischia di essere fraintesi se non la si affronta in maniera seria. 
Un partito politico degno di tale nome, però, non può assumere atteggiamenti da Ponzio Pilato e non esprimere la propria posizione. 
E noi socialisti lo siamo, un partito, e pertanto non abbiamo paura di farlo. Sapendo di non possedere, al contrario di altri, la verità assoluta e di poter essere criticati. La discussione in atto sulla manovra “lacrime e sangue” varata dal Governo ha riportato alla ribalta una questione ancora irrisolta: i privilegi fiscali alla Chiesa cattolica. A rinnovare la querelle è stato il segretario nazionale dei Radicali Staderini, il quale ha affermato che abolendo l’8 per mille e le esenzioni fiscali alla Chiesa, lo Stato potrebbe recuperare 3 miliardi di euro l’anno con evidenti benefici in termini di entrate. La proposta è politicamente quasi caduta nel vuoto. Oltre ai radicali, si sono espressi a favore Futuro e Libertà e noi Socialisti. Mentre si sono dichiarati contrari Casini e, a titolo personale, Rosy Bindi. Imbarazzante è il silenzio del Pd sull'intera vicenda: evidentemente Palazzo Chigi val bene una messa. Su Facebook, invece, si è scatenato un fuoco di fila contro il Vaticano.  Prima di esprimere la nostra opinione come locale sezione socialista, dobbiamo esporre i fatti, senza partigianeria. Senza cioè farci prendere da integralismi religiosi (cattolici in questo caso) né da frenesie anticlericali e/o ateistiche. E con tutti i riferimenti normativi sennò parliamo di aria fritta.
Dunque, i rapporti tra Stato e Chiesa cattolica sono regolati dai Patti Lateranensi, richiamati dall’art. 7 Cost. e integrati dagli accordi di Villa Madama del 1984, conosciuti come Nuovo Concordato. I Patti[1] prevedono l’esenzione tributaria di tutti gli immobili di proprietà della Chiesa specificati[2]. Inoltre dispongono che i lavoratori dipendenti da società con sede nel Vaticano, non pagano i tributi (l’Irpef) anche se la loro sede lavorativa è sul territorio italiano[3]. Il Nuovo Concordato conferma quanto stabilito dai Patti[4] . Esso dispone anche che le attività diverse da quelle indicate precedentemente sono soggette ai tributi previsti dallo Stato italiano[5]. La Chiesa cattolica usufruisce di forti agevolazioni fiscali non solo per l’attività religiosa e di culto ma soprattutto per quelle assistenziali, sanitarie o educative di alcune sue attività. Ad esempio, l’Ires è ridotta del 50% per tutti gli enti, e non solo quindi per quelli appartenenti alla Chiesa, che svolgono attività assistenziali, di beneficienza e istruzione. La Chiesa non è soggetta al pagamento dell’ICI sui beni immobiliari, ad es. chiese e oratori,  che utilizza per fini non commerciali[6] . Diversa è la disciplina che riguarda gli immobili ad uso commerciale della Chiesa. Il 2° Governo Berlusconi dal 2005 ha previsto l’esenzione totale dall’Ici anche per questi immobili[7] . Il 2° Governo Prodi limitò l’esenzione a quegli immobili della Chiesa aventi finalità “non esclusivamente” commerciali[8]. L’avverbio “esclusivamente” (il cui autore fu l’allora Ministro dello Sviluppo Economico…) ha permesso alla Chiesa di non pagare l’Ici anche per le strutture turistiche, alberghi, negozi, centri vacanze: è sufficiente la presenza di una cappella all’interno della struttura per qualificare l’immobile come “non esclusivamente commerciale”. Ad autocertificare la destinazione d’uso di questi immobili è la Chiesa stessa. La legge in questione è sotto indagine da parte dell’Unione Europea. Infine, oltre alle esenzioni fiscali, lo Stato Italiano eroga molti fondi, direttamente o indirettamente, alla Chiesa cattolica per le sue attività religiose e di culto: dai finanziamenti statali alle scuole cattoliche (in quanto scuole private) all’8 x mille dell’Irpef[9].
Il meccanismo di ripartizione dei fondi dell’8xmille (che qui per semplicità non riportiamo) fa sì che la Chiesa cattolica non è solo la principale destinataria dei fondi di chi firma ma anche di chi non firma per nessuna destinazione degli stessi. Questo dunque il quadro normativo delle esenzioni fiscali e dei fondi assegnati alla Chiesa cattolica.  Qual è dunque la nostra opinione in merito. Bene, fermo restando l’importanza, non solo religiosa, ma anche sociale ed umanitaria della Chiesa cattolica, condividiamo in gran parte la proposta dei Radicali. E non, lo abbiamo specificato prima, per sentimenti anticlericali o ateistici. E’ una questione di giustizia sociale. Nessun vuol far pagare l’Ici ai luoghi di culto (le chiese) o agli oratori. Ma troviamo scandaloso che non venga pagata sugli immobili di natura commerciale solo perché non “esclusivamente” tali. Vi pare giusto che un hotel a 5 stelle, un villaggio vacanze e così via,  di proprietà della Chiesa, siano esenti dall’Ici perché al loro interno c’è una cappella che cambia la destinazione d’uso dell’immobile? A noi no. E allora aboliamo la legge che prevede questo privilegio fiscale. Non siamo d’accordo con la proposta dei radicali di abolire in toto l’8xmille. Il cittadino italiano è libero di scegliere a chi destinarne la propria quota. Riteniamo invece che fondi di chi non sceglie la destinazione non devono essere ripartiti proporzionalmente agli aventi diritto ma devono restare allo Stato Italiano. La riduzione dell’Ires del 50% è , secondo noi, un'agevolazione fiscale troppo alta e dovrebbe essere ribassata di almeno un terzo. E infine riteniamo (ma questa è una vecchia battaglia di noi socialisti, da sempre al fianco della scuola pubblica) che i finanziamenti alla scuola privata devono essere aboliti del tutto. Fare delle scelte come quelle da noi indicate, a maggior ragione in tempo di crisi economica, permetterebbe allo Stato Italiano di incassare alcuni miliardi di euro l’anno che andrebbero sicuramente ad alleggerire il peso di questa manovra  e di non chiedere ulteriori sacrifici ai cittadini anche per il futuro. Rinunciare a questi privilegi gioverebbe alla credibilità della Chiesa stessa: “date a Cesare quello che è di Cesare e a Dio quello che è di Dio”. Null’altro.



[1] Art.16 Patti Lateranensi
[2] Artt. 13,14,15 Patti Lateranensi
[3] Art.17 Patti Lateranensi
[4] Art. 7 commi 1,3 Nuovo Concordato
[5] Art. 7 comma 4 Nuovo Concordato
[6] Art. 7 commi d), e) del D.Lgs n.504 del 1992
[7] Art. 7 comma 2-bis del D.L. n.203 del 2005
[8] Art. 39 comma 1 del D.L. n. 223 del 2006
[9] Le finalità per cui vengono assegnati i fondi dell’8xmille alla Chiesa sono indicate nell’art. 48 della legge n. 222 del 1985

lunedì 22 agosto 2011

Uffa


Volevamo goderci in santa pace questo caldo agosto senza parlare di politica, tra la più grave crisi economica del dopoguerra, per alcuni preludio della fine dell’Occidente (tanto il 21 dicembre 2012 ci sarà la fine del Mondo) e l’imminente inizio del campionato di calcio, come da copione all’insegna dell’austerity, ma non possiamo proprio. Lo sappiamo, in molti, anche a livello locale, sarebbero felici se scomparissimo del tutto (politicamente s’intende), così da fare a meno di confrontarsi con noi e per questo, nonostante i sondaggi non siano favorevoli in termini numerici, continuano a non chiamarci nei talk-show televisivi (alla faccia del pluralismo e della democrazia) e a oscurare le nostre iniziative (si veda, per esempio, la raccolta di firme per le 4 proposte di referendum iniziata già da qualche mese e opportunamente taciuta dai media televisivi e della carta stampata). Ma se pensano così di scoraggiarci farebbero meglio e presto a cambiare idea. Questo post è una risposta ad un articolo del giornalista Luca Telese. Chi è costui direte voi? E’ presto detto. Luca Telese, è il conduttore (naturalmente pluralista e democratico anche lui, ça va sans dire), insieme alla Costamagna, del talk show di La7 In onda  nonchè giornalista de Il Fatto Quotidiano. In un articolo su Il Fatto Quotidiano del 19 agosto scorso,Telese spara a zero su Susanna Camusso, segretaria nazionale della CGIL, e sui ministri Sacconi (soprattutto) e Brunetta. I quali vengono criticati ferocemente non perché, Sacconi (e Brunetta), responsabili di scelte disastrose di una politica economica ingiusta e sbagliata, e la Camusso perché, siglando l’accordo del 28 giugno scorso, a queste si è allineata, ma in quanto tutt'e tre socialisti (in realtà sono ex-socialisti ma la sostanza non cambia affatto). E lo sottolinea con evidente disprezzo (Rosy Bindi docet!). 
Della serie:le cose vanno male in Italia perché ci sono i socialisti. 
Di questo passo arriveremo alle liste di proscrizione e alla dichiarazione di illegalità, e conseguente scioglimento d’imperio, del Partito Socialista (chissà perché ci viene in mente, a tal proposito, un particolare periodo della storia d’Italia conosciuto con il nome di Ventennio…). Fedele nei secoli, il buon Luca, alla più becera tradizione antisocialista di stampo staliniano e togliattiano (“nessun concorrente e nessun nemico a sinistra”) del Pci. Già perché ci siamo dimenticati di dire che Luca Telese è il compagno di Laura, giornalista di Studio Aperto, nonché figlia minore di Enrico Berlinguer. 
Alla prossima puntata.

mercoledì 27 luglio 2011

La nuova questione morale

Che Rosy Bindi, presidente del Pd, sia una fervente antisocialista lo sapevamo già. In molte occasioni ha usato, nei nostri confronti, parole e giudizi alquanto sprezzanti, fuori luogo e poco obiettivi, dettati da obsolete e banali considerazioni, certo non da persona politica seria e intelligente. La sua ultima performance, in tal senso, è stata l’intervista che ha rilasciato alla Stampa del 24 luglio scorso sulla vicenda del sen. Tedesco e sulla questione morale all’interno del Pd. Nell’intervista la Bindi sottolinea, tra l’altro e con evidente disprezzo, il passato socialista del sen. Tedesco (“non voglio vedere il mio partito turbato da un ex socialista”). Come dire, nel Pd non c’è nessuna questione morale, ci sono solo alcune mele marce. Che sono gli ex socialisti. A parte la frase da “Manifesto sulla purezza della razza” di fascista memoria (allora gli ebrei oggi i socialisti), di per sé incommentabile, vogliamo fare alcune considerazioni. La prima sulla vicenda del sen. Tedesco, che da tempo e convintamente milita nel Pd. Tedesco è stato indagato, e per questo si dimise nel febbraio 2009 da assessore regionale al ramo, per lo scandalo della sanità pugliese. Nel luglio dello stesso anno, è subentrato al Senato, in quanto primo tra i non eletti in Puglia, al posto del dimissionario Paolo de Castro. Da allora sono passati ben due anni. Perché solo ora, dunque, il Pd ne chiede le dimissioni? Se nel Pd c’era e c’è il convincimento della colpevolezza di Tedesco perché la richiesta di dimissioni non è stata fatta subito, prima del voto in Senato? E per essere coerenti fino in fondo perché Tedesco non è stato sospeso dal partito quando è stato indagato nel 2009? Evidentemente per la Bindi (e per il Pd) il garantismo vale solo per gli iscritti al proprio partito, salvo poi disconoscerli e gettarli dalla rupe se hanno un passato socialista (la vicenda di Ottaviano Del Turco, completamente scagionato da ogni accusa e addebito, è illuminante in tal senso). La seconda riguarda la presunta onestà e superiorità morale del Pd. Sarebbe fin troppo facile dimostrare il contrario, numeri alla mano. Ma non è questo quello che ci interessa. Dobbiamo, invece, riconoscere che la questione morale, in tutti i suoi aspetti, riguarda la politica in generale. Ciò non significa “tutti colpevoli, nessun colpevole” ma prima si prende coscienza di questo “cancro”, prima si possono trovare le cure per debellarlo. Nascondere la testa sotto la sabbia come gli struzzi non serve a niente. L’ultima considerazione riguarda il post-Tangentopoli. I fatti, le cronache e le inchieste giudiziarie di questi giorni (e di questi anni) ci parlano di una disinvolta seconda Repubblica, di una politica corrotta come prima se non più di prima. Allora la domanda sorge spontanea. Nella loro ventennale carriera, cosa hanno prodotto i probi politici che dovevano bonificare la vita pubblica e fare le riforme atte cambiare, in meglio, tale sistema? Nulla. Che aspettano, quindi, gli strateghi del lancio di sputi e monetine e gli sbandieratori di cappio a dichiarare il loro fallimento e a farsi da parte definitivamente?
"Se fossi un uomo pubblico di qualche Paese asiatico, dove come in Giappone è costume chiedere scusa per i propri sbagli, vi chiederei scusa: scusa per il disastro seguito a Mani Pulite. Non voleva la pena di buttare all'aria il mondo precedente per cascare poi in quello attuale"
Francesco Saverio Borrelli , 27 maggio 2011

giovedì 21 luglio 2011

Proposte socialiste

Pubblichiamo la lettera aperta che due giorni fa, il Segretario Nazionale Riccardo Nencini ha inviato ai segretari dei partiti di opposizione contenente alcune proposte e misure per tagliare gli sprechi e i costi della politica. E' curioso che ieri il sindaco di Torino Piero Fassino, in molta parte dell'intervista rilasciata a Repubblica, fa affermazioni del tutto identiche a quelle che, sul tema dei costi della politica, da almeno tre anni si ritrovano nei programmi dei socialisti e nelle frequenti dichiarazioni del segretario nazionale: sobrietà, rigore, trasparenza.
Per fare un esempio, sul tema del riordino istituzionale, Fassino afferma che ci sono comuni con meno di 3000 abitanti per i quali occorre intervenire con le unioni comunali e che in questo ambito va inserita la questione del superamento delle province. Che è esattamente una tra le 10 proposte (la n.6) della lettera di Nencini di cui, neanche a dirlo, Repubblica e il circuito mediatico nazionale, alla faccia del pluralismo democratico cui a parole si ispirano, si sono ben guardate di dare conto.

“Sottopongo alla vostra attenzione alcune misure che mi auguro possano trovare la vostra condivisione”- si legge nella nota di Nencini. “Conferimento dei rimborsi elettorali unicamente ai partiti, in regola con l'art. 49 della Costituzione, relativamente all'attuazione dei principi di democrazia interna; taglio delle indennità dei consiglieri regionali al livello più basso (come in Umbria e in Toscana); soppressione dei benefits non riconducibili alla mera attività istituzionale; abbassamento delle indennità dei parlamentari mediante l'adeguamento alla media dei paesi europei; soppressione del Senato della Repubblica e costituzione del Senato delle Autonomie e delle Regioni con 100 componenti eletti e conseguente riduzione del numero dei Deputati; accorpamento dei comuni con meno di 3000 abitanti con l'attivazione delle unioni comunali e superamento delle Comunità Montane e delle Province con un disegno di riordino istituzionale del Paese; introduzione della norma che preveda l'elettorato attivo a 16 anni e quello passivo a 21; divieto dei doppi incarichi politico istituzionali; istituzione di norme di valutazione di merito e competenza per le nomine negli enti pubblici; adozione di leggi per rendere palesi le lobby e la loro attività”.            “E' necessario che queste proposte –prosegue Nencini - siano da voi recepite e fatte proprie dai gruppi dell'opposizione parlamentare e da tutti i gruppi nei consigli regionali”
“Desidero infine informarvi – si legge in conclusione nella lettera del Segretario - che domenica prossima, 24 luglio, in tutti i capoluoghi di regione, il Psi ha indetto una mobilitazione straordinaria per campagna di raccolta firme per le 4 petizioni popolari per cambiare l'Italia, una delle quali è legata al tema della trasparenza della politica”.

giovedì 23 giugno 2011

Manifestazione


Il Partito Socialista di Genzano aderisce e partecipa alla manifestazione indetta da varie associazioni (tra cui Libera, Cgil, Arci) che sabato 25 giugno si svolgerà a Palazzo San Gervasio, il cui scopo è quello di chiedere alle autorità competenti, la chiusura del CIE (centro di Identificazione ed Espulsione) e la sua trasformazione in Centro di Accoglienza. Condividiamo lo spirito e le motivazioni dell’iniziativa perché noi, unici a farlo, già abbiamo espresso un’opinione in merito in tempi non sospetti, prima che il caso “Palazzo” diventasse di rilevanza nazionale. Siamo a favore dell’accoglienza e dell’integrazione, con tutte le precauzioni dovute al caso, perché vogliamo contribuire a costruire e a diffondere una nuova cultura della solidarietà basata sul rispetto delle persone che come tali devono essere trattate. L’apertura del Mediterraneo può rappresentare una risorsa e un valore aggiunto per la nostra regione. Non dobbiamo mai dimenticare che anche noi italiani (e noi lucani) siamo un popolo di migranti. Il nostro è un invito alla cittadinanza, alle forze politiche, alle associazioni e alle rappresentanze sindacali a condividere questa nuova cultura della solidarietà partecipando alla manifestazione di sabato 25 giugno che partirà a Palazzo, c/o la “Fontana di Fico”, sulla S.S. 168 da cui il corteo si muoverà verso il Centro Di Identificazione ed Espulsione.

sabato 4 giugno 2011

Perchè votare 4 Sì

Domenica 12 e lunedì 13 gli italiani sono chiamati ad esprimersi sui quattro quesiti referendari.
Il primo (scheda rossa) e il secondo (scheda gialla) riguardano l’acqua. 
Per chi vota Sì l’acqua deve rimanere pubblica, gestita cioè da società a maggioranza di capitale pubblico e le tariffe che i cittadini versano non dovranno servire a contribuire al profitto delle società private che lo prenderanno in gestione. I due quesiti sono evidentemente collegati. 
Quale impresa investirebbe, rischiando, per non guadagnarci nulla? Votare Sì significa ribadire il principio che l’acqua è un bene di tutti e pertanto non può essere soggetto a logiche di mercato. I sostenitori del no non si fidano della gestione, spesso clientelare, delle società in cui la politica gioca un ruolo rilevante e ritengono che il privato, inseguendo il profitto (a scapito di chi?) si impegnerà per garantire un buon servizio. Invece di privatizzare (questo falso mito deve essere sfatato prima o poi), che è la strada più corta ma quasi mai quella giusta per risolvere i problemi della Pubblica Amministrazione, sarebbe più opportuno che la politica non entrasse nelle decisioni gestionali dei servizi pubblici e si limitasse a migliorarne l’efficienza. Il terzo quesito (scheda grigia) riguarda il nucleare. Per chi vota Sì bisogna affidarsi, per la produzione di energia, alle fonti rinnovabili (sole, vento) e quindi chiede l’abrogazione della possibilità di costruire nuove centrali nucleari in Italia. Chi vota no ritiene che le fonti rinnovabili non siano sufficienti a coprire il fabbisogno energetico del nostro paese e pertanto la soluzione è il nucleare. 
Le centrali nucleari producono scorie radioattive letali per gli esseri viventi che non si smaltiscono (cioè cessano di essere tali) in pochi anni. 
Si parla di migliaia di anni! Non dobbiamo solo pensare all’immediato ma anche alle generazioni future su cui ricadono le conseguenze delle nostre scelte. Inoltre queste scorie devono essere portate da qualche parte (ricordiamo che l’attuale Governo ha individuato  anche il territorio di Genzano come sito probabile per lo smaltimento delle stesse). Infine, mentre sole e vento sono fonti illimitate non è così per il principale combustibile delle centrali nucleari, l’uranio. 
Non aggiungiamo altro.
Infine, l’ultimo quesito (scheda verde) riguarda il legittimo impedimento. Chi vota Sì vuole abrogare la norma che disciplina i casi in cui il Presidente del Consiglio e i Ministri possono non comparire in udienza penale. In pratica se un membro del governo commette un reato può non andare dinanzi al giudice fino alla fine del suo mandato. La legge è uguale per tutti mica solo per alcuni! Questa si chiama democrazia. Invitiamo dunque i cittadini ad andare a votare qualunque sia la loro opinione, perché votare è sì un diritto ma anche un dovere.
I Socialisti voteranno Sì a tutti e quattro i quesiti.





mercoledì 1 giugno 2011

Protagonisti

L'elezione del nostro Segretario Regionale Livio Valvano a sindaco di Melfi, uno dei centri più popolosi della Basilicata e in predicato per diventare la  terza provincia della  regione, rappresenta una grande vittoria che ci riempie di orgoglio.
Scorrono  nella nostra mente, in questo momento,  tutte le vicende degli ultimi tempi che ci hanno accreditati di un immagine che non ci tocca.
Il nostro è sempre stato un partito laico, riformista,  moderato con una base di persone perbene.  
Un partito pragmatico che ha fatto delle proprie idee una bandiera ma che non si fa scrupolo di accantonarle quando queste, talvolta, non sono compatibili con gli interessi delle nostre genti.
Un partito che può contare oltre che sulle proprie idee, su  uomini di sicuro valore.
Uomini capaci di sacrificarsi, stimati per il proprio senso di appartenenza e abnegazione. 
Uomini coraggiosi  che hanno scelto di militare in un partito  dove  c'è  da lavorare senza l'aspettativa di ricompense  materiali - da noi le poltrone non esistono, i centri di potere non esistono, le lobby d'affari non esistono - e se, come partito,  sopravviviamo, è  solo grazie ai nostri sacrifici e alla fede immensa che abbiamo nei nostri ideali.
Uomini che aspirano ad essere protagonisti sani, in una  vita pubblica sempre più infangata e vituperata , per  indirizzarla verso giusti  ideali di trasparenza e di onorabilità.   
Uomini che rispettano la dignità dei propri simili.
Uomini che coltivano il sogno di una società  più giusta........e
                                                               
                                          LIVIO   VALVANO  è sicuramente uno di questi.

A lui, con la stima più sincera ,  i nostri migliori auguri di buon lavoro. 



mercoledì 18 maggio 2011

Accogliamoli


di seguito l'intervista al nostro vice-segretario Vito Quagliara pubblicata su 
"Il Quotidiano" di domenica 15 maggio

Genzano di Lucania – In questo bailamme multietnico è difficile discernere la differenza tra stranieri ed extracomunitari, che vengono inappropriatamente omologati. Il termine tecnico “extracomunitario” che designa colui che proviene da un paese che non fa parte della Unione Europea, si diffonde in Italia a partire dagli anni ’90 in senso spregiativo e discriminatorio per connotare coloro che provengono da aree depresse, quali il Nord Africa e i Paesi dell’Est europeo. Il termine tecnico “straniero”, invece, designa il migrante che proviene da un paese membro della Unione Europea. È una differenza sottile che occorre tener presente visto che la questione degli immigrati, dirompente a livello nazionale, non può più essere elusa. Anche a livello locale i termini del dibattito restano aperti. In particolare, nel comune di Genzano di Lucania la problematica viene sollevata dal Partito Socialista. “La nostra comunità è oramai multietnica – dichiara il vice-segretario Vito Quagliara – con 191 residenti stranieri di cui 22 di nazionalità marocchina, 14 tunisina, 1 congolese, 1 ruandese  e 1 del Burundi e 99 comunitari (dal 2004 i cittadini polacchi sono comunitari e dal 2007 sono tali anche i cittadini rumeni e bulgari). L’aspetto principale su cui vogliamo mettere l’accento è senza dubbio quello della solidarietà, e più in generale quello umanitario, si tratta pur sempre di persone e  come tali vanno considerate. First People - prima le persone - questo il nostro slogan, di qualsiasi colore, razza o religione. Non solo, ma in questo complicato momento possono addirittura rappresentare una risorsa. Non sfugge a nessuno che anche la nostra comunità, come tutti i paesi della Basilicata, deve far fronte ad un costante e lento spopolamento. Accogliere con tutte le precauzioni del caso i migranti che provengono da queste aree – prosegue Quagliara – come già d’altronde sta avvenendo in questi anni a Genzano, può servire anche ad arginare questo  grave problema socio-economico.” Ci rendiamo conto che la questione “migranti” – conclude il vice-segretario - è di non facile e immediata soluzione, ma occorre prendere coscienza della sua esistenza e iniziare a discutere seriamente su come affrontarla.

domenica 1 maggio 2011

Negli occhi un mare di bandiere.
Nelle orecchie un oceano di musica.
Nei cuori un universo di PACE e LAVORO.

venerdì 22 aprile 2011

IL PSI LANCIA LA CAMPAGNA ‘QUATTRO FIRME PER COMINCIARE A RIFARE L'ITALIA

IL PSI LANCIA LA CAMPAGNA ‘QUATTRO FIRME PER COMINCIARE A RIFARE L'ITALIA:
'Quattro firme per cominciare rifare l’Italia (e mille tavoli per la raccolta delle firme)’ è il nome dell’iniziativa lanciata giovedì 21 aprile a Roma dal PSI nel corso di una manifestazione davanti a Montecitorio, presenti il segretario, Riccardo Nencini con dirigenti e militanti del partito. La campagna di raccolta firme punta alla modifica dell’attuale legge elettorale, a cambiare il finanziamento pubblico per rendere sobria e trasparente la politica, a istituire una tassa equa sulle transazioni finanziarie e a innovare la legislazione
sul lavoro per eliminare la precarietà e dare parità vera a uomini e donne.
Tavoli per la raccolta delle firme saranno presenti a partire dalla prossima settimana in tutte le principali città d’Italia.