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lunedì 24 ottobre 2011

Miscellanea


Rieccoci, gentili lettori, con un nuovo post. Dal nome particolare, scelto perché ci occuperemo di più argomenti. Iniziamo dai fatti di Roma. Tutti i media hanno parlato solo, o quasi, delle violenze fatte da quei cretini (a voler essere buoni) chiamati black bloc. Noi invece vogliamo fare alcune considerazioni sulla civile, pacifica e importante manifestazione degli indignati, che nulla ha a che spartire con i soggetti di cui sopra. Quali, dunque, le motivazioni e quali i destinatari della protesta. Non la politica e i suoi privilegi ma il mondo finanziario e i banchieri accusati, non a torto, di aver provocato, tramite enormi speculazioni finanziare, una delle più gravi crisi economiche da quella famigerata del 1929. I politici nostrani sono stati zitti sulle reali motivazioni della protesta degli indignati perché da tempo fanno la corte, per candidarli, a banchieri e grandi industriali. Per contro si sono scambiati accuse reciproche sulle violenze dei black bloc. Antonio Di Pietro si è voluto distinguere e ha invocato, incassando l’apprezzamento del ministro Maroni una nuova legge Reale[1]. Finalmente l’ex magistrato ha gettato la maschera rivelandosi per quello che è veramente: né moderato né di sinistra (e nemmeno di centro…). A seguito delle vivaci polemiche il buon Tonino si è affrettato a smentire se stesso. E pensare che l’Idv è uno degli assi portanti dell’attuale (e futuro) centrosinistra! Passiamo alle elezioni regionali in Molise dove il centrosinistra è stato sconfitto, secondo Dario Franceschini, grazie al Movimento 5 Stelle. Analisi totalmente sbagliata. Detto che ognuno è libero di votare per la parte che sente più vicina, il voto si conquista non si esige. Il centrosinistra ha perso principalmente per colpa del Pd che ha voluto forzatamente candidare come presidente un ex di Forza Italia, e ha portato a casa, come singolo partito, un misero 9%. A questo si deve aggiungere il calo di voti dell’Idv e il clamoroso flop di Sel, i quali, sia quando candidano persone diverse dai loro leader (essendo entrambi one-man party[2]) sia soprattutto quando si tratta di consultazioni dove i voti non sono quelli virtuali della televisione ma vengono espressi nell’urna, non mietono tanti consensi, anzi. Per contro, malgrado l’assenza della lista nella provincia di Isernia, noi socialisti abbiamo ottenuto un’ottima performance, migliorando di molto il risultato del 2006 (allora era lo SDI)[3]. Un risultato significativo che deve essere uno sprone per un rilancio della cultura socialista e riformista in Italia. Speriamo solo che la lezione del Molise serva a costruire un centrosinistra credibile. E a proposito di centrosinistra, Enrico Letta è stato ospite nella puntata del 17 ottobre del programma Ahi Piroso de La7. Alla domanda del conduttore, il giornalista Antonello Piroso, sulla proposta dell’Idv e di Sel (ma anche di Parisi del Pd) di fare immediatamente le primarie di coalizione, Letta ha risposto che vengono prima il programma e le alleanze, giudicando la proposta frettolosa e inopportuna, fatta da partiti che "sono costruiti ad immagine e somiglianza dei loro leader" e cioè partiti autocratici, proprio come il Pdl di Berlusconi (in fondo al post, c'è il video con la risposta completa). Alla luce delle affermazioni di Letta, però, non si capisce perché il Pd ancora prediliga l'asse con questi partiti "poco democratici". Il sospetto è che sia solo per opportunismo elettorale. Infine due parole su Gheddafi. E’ risaputo che con il Colonnello quasi tutti i paesi occidentali, a vario titolo e in vari anni, hanno avuto rapporti, amichevoli e non. Così, alla notizia della sua fine tutti i governi delle democrazie occidentali hanno preferito fare pochi commenti. Ad eccezione del nostro. Dal quale ci saremmo aspettati qualche parola di umana pietà per l’ex amico, accolto solo qualche mese fa con tutti gli onori. Invece abbiamo assistito a dichiarazioni imbarazzanti e ipocrite. Il ministro Frattini non più di un anno fa definì Gheddafi “un grande alleato per l’Italia” mentre ora ha dichiarato che la sua fine è “una grande vittoria del popolo libico”. Il ministro La Russa non poteva essere da meno e non lo è stato con il suo “dobbiamo gioire”. E di cosa, di un corpo trascinato per la strada? O degli sputi, dei calci e degli oltraggi ad un cadavere? Ma il non plus ultra è stato, manco a dirlo, Berlusconi. Che nella sua sublime e nota goffaggine ha dichiarato, riferendosi a Gheddafi, "sic transit gloria mundi"[4]. E forse, con un certo rammarico misto a preoccupazione, si riferiva anche a se stesso. Amen



[1] La legge Reale, dal nome del suo redattore, il Ministro di Grazia e Giustizia Oronzo Reale, fu introdotta nel 1975 per combattere i c.d. anni di piombo. Per un maggiore approfondimento vi rimandiamo al seguente link:


[2] Tradotto letteralmente: un uomo, un partito 

[3] Questo il link con i risultati:
http://www.repubblica.it/static/speciale/2011/elezioni/regionali/molise.html


[4] Letteralmente: "così passa la gloria del mondo". E' la famosa locuzione usata quando viene eletto un Papa. Sta a significare la caducità e la volubilità della condizione umana.



L'intervento di Enrico Letta 

venerdì 14 ottobre 2011

La vittoria di tutti


Adesso che la fiducia al governo Berlusconi è passata possiamo tirare le somme su queste convulse giornate. Il Presidente del Consiglio è visibilmente sollevato e soddisfatto. Ha incassato una fiducia insperata, malgrado il suo ostentato (e forzato) ottimismo. Noi invece non siamo affatto soddisfatti. 
Il premier è ormai incapace di governare, ostaggio com'è dei suoi cortigiani, che non hanno ancora trovato un altro approdo sicuro, e della Lega (Bossi oggi ha ribadito che si va al voto quando lo decide lui) i quali continuano a tenerlo a galla mentre il Paese va a rotoli senza che nessuno si preoccupi di fermarne la corsa e invertire la rotta. In un comico (ma che di comico ha veramente ben poco) lapsus freudiano Cicchitto ha detto che “noi abbattiamo la crescita”. Insomma un governo alla frutta. E nella migliore tradizione italica che vede in politica nessuno sconfitto, anche l’opposizione, stavolta unita almeno nel votare contro (i programmi vengono dopo...forse), ha vinto. Lo si deduce dalle parole di Dario Franceschini, presidente del gruppo parlamentare del Pd il quale, soddisfatto del voto, ha dichiarato che la maggioranza perde pezzi. Ora, è vero che in politica nulla è scontato, nemmeno la matematica, ma hanno votato a favore della fiducia 316 deputati a fronte dei 314 dello scorso 14 dicembre 2010. A noi risulta, ma possiamo sempre sbagliare per carità, che 316 è un numero maggiore di 314. E se anche ciò che Franceschini afferma fosse vero, quante altre “fiducie” si devono votare affinché questa maggioranza allo sbando cada? 
La Bindi (mica poteva mancare!) se l’è presa (per dirla con un eufemismo) con i radicali che, votando alla prima chiamata, hanno permesso il raggiungimento del quorum necessario per la validità della votazione. 
Ma benedetta donna (non abbiamo ancora capito se ci fa o ci è) quale partito ha permesso ai radicali di entrare in Parlamento? Quale partito ha preferito fare l’accordo solo con l’Idv tra le cui fila militavano Scilipoti e Razzi, artefici del Gruppo dei responsabili che sostiene questo governo? 
E quale partito ha candidato, eleggendolo, Massimo Calearo anche lui fondatore del gruppo suddetto? Queste sono state le geniali scelte, da lei pienamente condivise, fatte nel 2008 dal suo partito, guidato da quella mente politica sopraffina che risponde al nome di Walter Veltroni, da molti detto, chissà perché, anche “Veltrusconi”. Dunque tutti hanno vinto o quasi. 
Già perché c’è uno sconfitto. E’ il Paese, sempre più preda dell’incertezza politica e della crisi economica. Con buona pace dei nostri politici.

martedì 11 ottobre 2011

La credibilità


Ormai è accerchiato, non da donne stavolta, e sa che la sua discendente parabola politica è giunta al termine. Naturalmente parliamo di Berlusconi, la cui pessima fine politica fa emergere una fondamentale questione: la credibilità dei nostri politici. Credibilità che và a braccetto con la moralità, intesa non solo come comportamento onesto (tangenti, abusi di potere) ma anche rinuncia a dei privilegi (stipendi altissimi, vitalizi, pensioni dopo pochi anni, prebende – l’elenco è lungo purtroppo!) che definire vergognosi è dir poco. E se il centrodestra ha perso, da molto tempo, la propria credibilità, il centrosinistra non sta messo molto meglio. Lo diciamo con grande rammarico perché è la parte politica cui noi socialisti apparteniamo. L’attuale centrosinistra è, per ora, composto da Vendola, Di Pietro e il Pd. Gli altri, tra i quali il nostro partito, si devono accontentare di essere marginali soprattutto perché non partecipano, in quanto sistematicamente e scientemente esclusi, al teatrino della politica televisiva, ahinoi l’unico sistema per aumentare i consensi (questo è il berlusconismo: l’importante è apparire in televisione, non cosa si ha da dire o da proporre). Transeat, come dicevano i quiriti, e ritorniamo al tema di questo post. Questo centrosinistra è spaccato su tutto, dalla legge elettorale alle possibili alleanze per le elezioni. Non certo un segnale di credibilità. E non va meglio se prendiamo i singoli partiti. Iniziamo da Vendola il quale, tra un talk show e l’altro, ha come unica preoccupazione quella di fare le primarie, con la speranza di vincerle, per decidere chi guiderà la coalizione sulla quale non ha nemmeno le idee chiare. E il programma? Per il buon Nichi è una questione secondaria se non proprio superflua. Come governatore poi non è che stia facendo così bene, come dimostra la gestione della sanità pugliese, caso Tedesco a parte. Passiamo a Di Pietro, altra star televisiva, che della credibilità ne ha fatto un vanto. I fatti però ci presentano una diversa realtà. Indagini (e più di un indagato) e soprattutto familismo imperante sono una caratteristica dell’Idv. Al punto che molti fuoriusciti dal partito hanno aperto dei siti web definendolo come “l’esatta antitesi della legalità professata dal leader”. I posti chiave sono occupati in larga parte da parenti e amici di Tonino. Non ultimo la candidatura imposta (e in una lista bloccata!), del figlio Cristiano alle regionali del Molise (ci piacerebbe  sapere cosa ne pensano in proposito i vari Santoro e Travaglio da sempre fan dell’ex magistrato). Sul programma della coalizione, proposte fumose se non per il tema della giustizia. Non ci resta dunque che il Pd. Ovvero dalla padella alla brace. Se il centrosinistra è spaccato, il Pd è una bomba ad orologeria. Oltre al caso Penati, la magistratura sta indagando sulle possibili infiltrazioni camorristiche nelle ridicole primarie del gennaio scorso a Napoli, costate una pessima figura al partito di Bersani. E che dire dell’appoggio esterno, con la possibilità di entrare in giunta, alla maggioranza di centrodestra di Lombardo che guida la Regione Sicilia?  I giovani del Pd, Renzi e Civati (separati in casa anche loro!) in testa, chiedono che venga rispettato lo statuto a proposito delle candidature, il che escluderebbe molti notabili del partito[1]. D’Alema, al culmine della sua “sagacia” politica che tanto ha portato alla sinistra in questi anni, dichiara che la socialdemocrazia europea è obsoleta e superata. Dimostrando, ancora una volta, l’ipocrisia e l’opportunismo suo e della parte Ds (cioè gli ex-comunisti) del Pd visto che da molto tempo fanno parte, prendendo incarichi importanti, del Partito Socialista Europeo[2]. Veltroni, per non essere da meno del suo acerrimo nemico, prova a rilanciarsi. Si scaglia contro la lottizzazione della Rai (quoque tu Walter!)[3] e rilancia, con Letta e Franceschini e contro la maggioranza del Pd, l’idea di un governo di transizione che approvi una nuova legge elettorale[4] e faccia le riforme per uscire dalla crisi. Sulla presidenza nazionale dell’ANCI si è consumato uno scontro fratricida che ha visto la supremazia dell’area cattolica (e di quella “nordista”) del partito, che appoggiava il vincitore Delrio, sindaco di Reggio Emilia, su D’Alema e la segreteria nazionale che sostenevano Michele Emiliano, sindaco di Bari. E da ultimo (ma potremmo continuare per molto ancora) gli attacchi alla leadership di Bersani, con i Modem (l’area cattolica) di Veltroni, Fioroni e Gentiloni i quali hanno affermato che “non è detto che Bersani sarà il nostro candidato, neppure nel 2012”. Lasciamo ai lettori le opportune considerazioni in merito. Possiamo solo sperare che la credibilità, questo grido di dolore che da più parti d’Italia si leva verso la nostra classe politica, non rimanga inascoltato.





[1] Lo statuto del Pd prevede al massimo tre legislazioni. Ad esempio la Bindi è alla sesta, ma solo alla prima con il Pd. Per cui, alla faccia del rinnovamento, sono tutti candidabili. Pardon, candidati.

[2] Fu Bettino Craxi a convincere i vertici del PSE, contrarissimi, ad accogliere gli ex comunisti dell’allora Pds (poi Ds) nella grande famiglia del Socialismo Europeo.

[3] Si veda in proposito il libro “Il baratto” del giornalista Michele De Lucia.

[4] Veltroni è stato uno dei principali fautori e sostenitori dell’attuale sistema elettorale, il Porcellum.  Adesso è salito opportunisticamente sul carro di chi lo vuole cambiare…

giovedì 6 ottobre 2011

Il Profumo della politica

Parlare dell’imprenditoria italiana e delle sue ultime uscite nel giorno in cui Steve Jobs ci ha lasciati può sembrare un po' ridicolo, tanto grande è la figura del genio di Cupertino e di ciò che ha inventato e prodotto. 
Magari avessimo un imprenditore che gli somigliasse almeno in parte. 
Anche se così non è ci possiamo consolare perché i nostri imprenditori, resisi conto che l’Italia sta affondando, a mò di cavalieri senza macchia (‘nsomma) e senza paura, sono pronti a sacrificarsi per risollevarne le sorti. Come? Sostituendosi alla tanto vituperata classe politica. 
E che c’azzeccano direbbe il buon Tonino da Montenero di Bisaccia? 
Prima di rispondere a questa domanda facciamo una cronistoria degli eventi. A preparare il terreno è stata Emma Marcegaglia, Presidente di Confindustria, che già da un po’ di tempo ha presentato il cahier de doleances di Viale dell’Astronomia al Governo, già abbandonato (meglio tardi che mai) dalla Chiesa Cattolica con le forti dichiarazioni del card. Bagnasco, e sancendo la definitiva fine della luna di miele. 
Luca Cordero di Montezemolo, anche lui già da tempo, con la sua associazione ItaliaFutura fa politica strizzando l’occhio al Terzo Polo, eventuale casa per una sua probabile discesa in campo. Chi invece ha chiaramente espresso la propria volontà di candidarsi, per il bene dell’Italia s’intende, è il potente banchiere ed ex a.d. di Unicredit, Alessandro Profumo. Infine, per non farci mancare niente, Diego Della Valle compra una pagina dei principali quotidiani italiani per lanciare i suoi strali all’attuale classe politica. Mentre le iniziative della Marcegaglia e di Montezemolo non hanno provocato reazioni, anche perché note già da tempo, quella di Della Valle ha scatenato un piccolo terremoto. Il patron della Tod’s si è scagliato contro la maggior parte dei politici nostrani accusandoli di incompetenza e, in ultima analisi, di aver fallito. A favore di Della Valle si sono schierati l’Udc, ritenendosi la parte buona della politica e quindi non il destinatario dell’attacco, l’Idv e Fli che ne hanno dato una lettura esclusivamente antigovernativa. In realtà l’imprenditore marchigiano non ha fatto nessuna distinzione di schieramento: tutti uguali. La riprova di ciò sta nella reazione furiosa non solo degli esponenti del Pdl ma anche del Pd. In particolare di Rosy Bindi. 
La quale, e non è la prima volta come già abbiamo evidenziato in alcuni dei nostri precedenti post, predica bene e razzola male. Prima si scaglia contro Della Valle e poi fa la corte, politica s’intende, a Alessandro Profumo (non certo uno stinco di santo) invitandolo al convegno della propria corrente (già, gentili lettori, il Pd è talmente “democratico” che ogni parlamentare – o quasi – ha la propria corrente. Quella della Bindi si chiama “Democratici davvero”. Gli altri del partito evidentemente non lo sono!) svoltosi in questi giorni a Chianciano. Peccato però che Profumo si sia già promesso all’Api di Rutelli. 
Per ritornare al tema del post ci sentiamo di condividere, anche se troppo generalizzata, l’accusa di Della Valle. Che l'attuale classe politica abbia fallito è sotto gli occhi di tutti. Non riconoscerlo significa mettere la testa sotto la sabbia come gli struzzi. Che Berlusconi sia il principale artefice di questo sfascio è altrettanto chiaro. E’ pur vero però che qualcun altro, adesso all’opposizione, non si è ancora assunto la grave responsabilità di aver riportato a Palazzo Chigi l’uomo di Arcore per ben due volte dopo che era stato sconfitto alle elezioni. E’ questa la principale corresponsabilità di parte del centrosinistra della disastrosa situazione attuale. Non siamo d’accordo però con Della Valle quando vuole sostituire la società civile alla classe politica. Già in altre occasioni, si discuteva di politica locale, abbiamo espresso la nostra contrarietà a questo pensiero. Non c’è scritto da nessuna parte, ed è ancora tutto da dimostrare, che la classe politica sia peggio della società civile. La quale, se veramente vuole dare un serio contributo al Paese, deve stimolare e se necessario, anche forzare, con proposte e uomini credibili, il rinnovamento della classe politica ormai necessario. Non deve sostituirsi a essa e per fare cosa poi? Cambio di potere? Altrimenti avremo al comando uomini che rispondono solo a se stessi (il caso Calearo sembra non aver insegnato nulla). E dove sarebbe poi il cambiamento visto che è già così in molti partiti, soprattutto a livelli più locali. L’Italia ha bisogno, adesso più che mai, non di improvvisati salvatori della Patria ma di gente che faccia e sappia fare il proprio mestiere. Gli imprenditori investino di più in Italia piuttosto che in Cina. I banchieri allentino i cordoni della borsa e non speculino invece di arricchire un stretta oligarchia a scapito di molti, ingessando in maniera inverosimile l’economia italiana. La classe politica capisca una volta per tutte che il suo rinnovamento non è più procrastinabile e che gli attori attuali, il cui ciclo ventennale è ormai alla fine, devono lasciare definitivamente la scena ad altri che sappiano dare quelle risposte di cui il Paese ha bisogno. D’altronde Silvio Berlusconi non è un politico ma un imprenditore. Che al momento della sua discesa in campo si presentò come un novello salvatore della Patria. 
E’ sufficiente come esempio?