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sabato 28 aprile 2012

Il messaggio del Presidente della Repubblica


"Caro Riccardo, in occasione della manifestazione indetta a Genova dal Partito Socialista Italiano, assieme alle fondazioni socialiste, per ricordare e festeggiare il 120° anniversario della nascita del Psi, invio a lei e a tutti i partecipanti il mio più sentito saluto.
La vostra iniziativa non rappresenta solo un contributo alla celebrazione di una lunga e gloriosa tradizione politica, intrecciata intimamente alla storia del nostro Paese, alle battaglie per il progresso economico e civile e alle conquiste democratiche e sociali. 
Il filone del pensiero socialista, profondamente radicato nel nostro continente, costituisce un patrimonio di valori e di idee la cui attualità è da approfondire in rapporto a sempre vive esigenze di giustizia e solidarietà nella società e di equità e collaborazione internazionale: esigenze e punti di riferimento imprescindibili anche di fronte alla grave crisi economica e sociale in atto e ai mutamenti e alle tensioni del mondo d’oggi.
Con questo spirito esprimo a lei e a tutti i partecipanti i migliori auguri, apprezzando la vostra volontà di concorrere attivamente alla vita politica e al confronto democratico".

                                             Giorgio Napolitano                            
 


Buon compleanno!


Il 15 agosto del 1892 nacque a Genova, nella sala Sivori, il Partito dei Lavoratori Italiani, unione della corrente riformista di Filippo Turati e di tutti quei movimenti operai di ispirazione marxista che si battevano per l’uguaglianza e la giustizia sociale. Un anno dopo, durante il congresso di Reggio Emilia, il partito assunse finalmente il nome che porterà con orgoglio per più un secolo, quello di Partito Socialista Italiano. 
A centoventi anni di distanza, oggi sabato 28 aprile 2012, il PSI sceglie di celebrare quello storico evento a Genova, nella stessa sala che diede la luce a cuore ed anima del riformismo italiano. Riportiamo il messaggio del Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano e le riflessioni di Augusto Barbera, di Giuseppe Tamburrano, di Don Andrea Gallo e di Francesco Alberoni.


Augusto Barbera, direttore della rivista Quaderni Costituzionali e professore ordinario di diritto costituzionale all’Università di Bologna dal 1994, ha elencato alcuni dei contributi più importanti realizzati dal PSI in Italia. «Non è possibile ricostruire in poche righe il ricordo di un partito così importante per la storia del nostro Paese. Tra i tanti meriti del PSI non possiamo dimenticare il contributo dato alla nascita della democrazia nel nostro Paese, essendo  stato il primo partito di massa nella storia italiana; la battaglia, importantissima, per sconfiggere il fascismo; l’apporto alla Costituente; la modernizzazione del Paese con le riforme del  primo centrosinistra; il rafforzamento della politica di cooperazione atlantica con i governi Craxi; l’aver posto il tema delle riforme istituzionali, pur se mai riuscito e mai perseguito fino in fondo, con l’eccezione del superamento del voto segreto. Manca, purtroppo, tra i successi del PSI il tentativo di unificare la sinistra dopo la caduta del muro di Berlino. Sarà questo insuccesso politico, e non Tangentopoli, la causa di fondo della sua crisi».

Il professor Giuseppe Tamburrano, storico dirigente del PSI e attuale presidente della Fondazione Pietro Nenni, auspica un ritorno agli ideali che sono stati alla base della fondazione del partito, augurandosi che i giovani riescano oggi a portare avanti un testimone importante e a lungo trascurato. «Il centoventesimo anniversario è un evento straordinariamente rilevante. Il PSI è il partito più importante della storia d’Italia, un partito che ha lottato per cause giuste. Ha, certo, commesso degli errori ma ha amato profondamente ciascuno dei suoi compagni. Per me, come la crisi del capitalismo dimostra, non è morto. Sono morti forse i socialisti ma spero che le nuove generazioni saranno in grado si riprendere in mano quella bandiera gloriosa, per battersi per quegli stessi ideali all’insegna dei quali è nato il partito nel lontano 1892. Ideali di fratellanza, uguaglianza e libertà per tutti. Ideali dei quali oggi più che mai si sente il bisogno, particolarmente in Italia. Ricordiamo questo anniversario non come una commemorazione di un caro estinto ma come un impegno per riunire chi aderisce a quegli ideali degli inizi (ovviamente calati nel mondo moderno e attualizzati), per dare maggiore giustizia libertà e uguaglianza a tutti gli uomini e a tutte le donne italiane».

Don Andrea Gallo, guida la comunità genovese di San Benedetto al Porto da oltre quarant’anni. Al contrario della curia genovese, che “incoraggia il candidato del pdl, alle elezioni comunali di Genova Don Gallo sostiene, come anche il Partito Socialista Italiano, Marco Doria, il candidato indipendente che alle primarie ha sbaragliato il Pd.
Per Don Gallo “chi riprende i valori del socialismo è da abbracciare subito. I valori non muoiono mai, magari possono cambiare di nome. Quando il presidente Pertini passava per i paesi, tutti si toglievano il cappello e lo salutavano. Quando i bambini chiedevano: “Chi è quello?”, noi rispondevamo: “Un galantuomo”.

Il sociologo Francesco Alberoni ha voluto invece ricordare l’importanza del socialismo come peso sullo scacchiere internazionale, in un momento in cui il riformismo veniva piuttosto messo in disparte. «Il partito socialista è stato il grande protagonista del riformismo. È vero che in questo senso c’è stata anche una grande tradizione nell’area cattolica ma di fatto il vero riformismo è figlio del socialismo. In questo senso il Psi non ha mai avuto dubbi: non ha mai voluto eliminare il capitalismo e creare un “sistema perfetto” ma riformare nel concreto, partendo dal basso. Aveva una vena marxista ma non era dominante, non riduceva la vita all’economia. C’è una grande tradizione, quella riformista, che è stata il lievito fecondante delle migliori riforme che abbiano condizionato l’equilibrio europeo, proprio nel periodo in cui erano dominanti gli estremismi. Il socialismo ha avuto la consapevolezza dei limiti e degli estremi, ed è stato proprio questo a renderla un’ideologia degna di rispetto, odiata da tutti coloro che idolatravano l’eccesso. Anche per questo i socialisti sono stati massacrati da nazisti, dai comunisti, dai fascisti. E non si può dire che loro abbiano massacrato mai qualcuno. Quindi, a mio avviso, è giusto ricordare i socialisti e la loro storia, una storia che merita e che è di grande valore, ingiustamente bistrattata dalla storia».





venerdì 20 aprile 2012

Quoque tu Nichi!


Il ragazzo, si fa per dire, è pure simpatico. Con quell’aria da intellettuale colto ma affatto snob, comunista e cattolico al tempo stesso, sognatore e idealista dal linguaggio forbito e spesso aulico, Nichi Vendola è sicuramente un personaggio particolare della politica italiana. Intelligente e navigato, è però talvolta contraddittorio. 
Invoca costantemente le primarie di coalizione tra i partiti del centro-sinistra ma lui non le ha mai fatte per il suo partito, che guida come una sorta di dominus. Alle molte belle parole fa seguire pochi fatti e poche proposte concrete. È uno dei governatori più pagati d’Italia. E non è certo un volto nuovo della politica, vista la sua antica militanza nel PCI e poi in Rifondazione Comunista prima di fondare il partito ad personam, SEL, corredato dal movimento autoreferenziale La fabbrica di Nichi. 
Sette anni fa, vinse, quasi a sorpresa, per la prima volta le elezioni regionali pugliesi, riconfermato nel 2010 per un secondo mandato. 
Ma ognuno ha la propria spina nel fianco. Quella di Vendola si chiama sanità. Ed è a causa della gestione della sanità pugliese, i cui costi sono cresciuti a dismisura sotto il suo governo, che i riflettori della magistratura sono puntati su Vendola. E così pochi giorni fa è toccato anche a lui di essere indagato. L’accusa è pesante: abuso d’ufficio, peculato e falso, condivisa con altre persone.[1] 
I socialisti hanno sempre fatto del garantismo una propria bandiera. 
Quindi, coerentemente, fin quando le accuse non verranno provate e i soggetti coinvolti condannati in via definitiva, per noi vale la presunzione di innocenza. Quello che ci interessa è l’aspetto politico della vicenda. Più grave di quello giudiziario, almeno per ora. Vendola si dice estraneo ai fatti che gli vengono addebitati. La domanda allora sorge spontanea. Come è possibile che chi è a capo di un ente pubblico, in questo caso una regione (ma l’esempio vale anche per gli altri enti) non sappia cosa facciano, come agiscano e perché i proprio collaboratori? È vero, non sempre si può essere “custodi del proprio fratello”. Però ci viene subito in mente il “non poteva non sapere” di dipietrista memoria: vale per tutti mica solo per alcuni.
E se anche Vendola, in perfetta buona fede, non sapesse niente, che credibilità può avere un politico che non sa controllare i propri collaboratori? Vi ricordiamo, gentili lettrici e lettori, che Vendola aspira a guidare l’Italia! E giusto per essere coerenti fino in fondo l’equazione indagato=dimissioni deve valere per tutti non solo per gli avversari. La realtà è che il vendolismo ha smesso da molto tempo la sua spinta propulsiva, supposto che l’abbia avuta realmente, e così il fenomeno Vendola si sta esaurendo. Il buon Nichi preferisce trascorrere la maggior parte del proprio tempo in televisione, da un talk-show all’altro dimenticandosi che è un governatore di regione. I militanti della prima ora cominciano ad abbandonarlo , complice anche la nuova moda italiana cioè l’antipolitica del populista di turno, il novello Masaniello Beppe Grillo. Vendola, da persona intelligente, lo ha capito e ha subito attaccato Grillo, riuscendo a distogliere l’opinione pubblica dai suoi problemi giudiziari. Che però non solo restano ma vanno avanti. 
E che pesano sul suo futuro politico.     

domenica 15 aprile 2012

La chiusura del cerchio magico

Mancava. La girandola di scandali che in questi anni ha colpito tutti i partiti, aveva solo sfiorato la Lega Nord. Fino ad oggi. Le cronache giudiziarie di questi giorni ci consegnano un quadro politico disastroso. 
E’ l’ennesima conferma del fallimento morale e politico dei partiti protagonisti della Seconda Repubblica.
E così, dopo chi allora aveva lanciato sputi e monetine, dopo chi aveva invocato la pena di morte, anche chi aveva sventolato in Parlamento il cappio della forca è stato travolto dagli scandali. Aveva ragione Pietro Nenni quando affermava che “c’è sempre uno più puro che ti epura”. Sgombriamo però il campo dai dubbi. Non c’è alcuno spirito di rivalsa da parte nostra ne alcunché da festeggiare. C’è solo una profonda amarezza e un grande sconforto. Dovuti al fatto che questi partiti (ma si possono definire ancora tali?) , giusto vent’anni fa, hanno avuto l’occasione di rinnovare la politica e con essa il Paese. Invece di affrontare seriamente e risolvere definitivamente la questione morale, non sappiamo se per viltà, per incapacità o per entrambe,  hanno preferito mettere la testa sotto la sabbia, come gli struzzi. Dall’alto (o dal basso?) della loro presunta, e tutt’altro che dimostrata superiorità morale, questi partiti hanno pensato che, cancellati dalla scena politica i protagonisti della Prima Repubblica, tutto si sarebbe aggiustato da solo così, d’incanto. Non solo si sono sbagliati ma la questione morale si è trasformata sempre più in un grosso bubbone che alla fine è scoppiato. Colpendo proprio coloro che avevano il dovere morale, prima che politico, di eliminarlo. La Lega Nord non ha fatto altro che adeguarsi, nel tempo, allo status quo. Come tutti, ha predicato bene e razzolato male, anzi malissimo. Adesso tutti versano lacrime di coccodrillo e in pochi giorni, per salvare la faccia, la nuova summa della politica nostrana, il triangolo ABC (Alfano, Bersani e Casini), ha proposto una bozza di accordo per i finanziamenti e i rimborsi elettorali dei partiti[1]. Vedremo come andrà a finire. Un’ultima considerazione. Lo scandalo che ha travolto la Lega Nord è la pietra tombale sulla Seconda Repubblica. Anzi, per usare un’espressione tanto cara alla Lega stessa, ha chiuso definitivamente il cerchio magico.
Che di magico aveva solo il potere di far sparire i soldi.
Una fine ingloriosa quella della Seconda Repubblica, un ventennio che doveva rappresentare il riscatto della politica e la rinascita del Paese ma che, invece, si è dimostrato solo peggiore della Prima.


[1] La bozza prevede di bloccare, in attesa di controllo, i rimborsi per le elezioni politiche e regionali ma non quelli delle elezioni europee. I cui rimborsi ingiustamente finiranno nelle casse dei partiti più grossi a discapito di quelli che non sono riusciti a superare la soglia di sbarramento del 4%.