venerdì 20 aprile 2012
Quoque tu Nichi!
Il
ragazzo, si fa per dire, è pure simpatico. Con quell’aria da intellettuale
colto ma affatto snob, comunista e cattolico al tempo stesso, sognatore e
idealista dal linguaggio forbito e spesso aulico, Nichi Vendola è sicuramente
un personaggio particolare della politica italiana. Intelligente e navigato, è
però talvolta contraddittorio.
Invoca costantemente le primarie di coalizione
tra i partiti del centro-sinistra ma lui non le ha mai fatte per il suo partito, che guida come una sorta di dominus. Alle molte belle parole fa seguire pochi
fatti e poche proposte concrete. È
uno dei governatori più pagati d’Italia. E non è certo un volto nuovo della politica, vista la
sua antica militanza nel PCI e poi in Rifondazione Comunista prima di fondare
il partito ad personam, SEL, corredato dal movimento autoreferenziale La
fabbrica di Nichi.
Sette anni fa, vinse, quasi a sorpresa, per la prima volta
le elezioni regionali pugliesi, riconfermato nel 2010 per un secondo mandato.
Ma ognuno ha la propria spina nel fianco. Quella di Vendola si chiama sanità.
Ed è a causa della gestione della sanità pugliese, i cui costi sono cresciuti a
dismisura sotto il suo governo, che i riflettori della magistratura sono
puntati su Vendola. E così pochi giorni fa è toccato anche a lui di essere
indagato. L’accusa è pesante: abuso d’ufficio, peculato e falso, condivisa con
altre persone.[1]
I socialisti hanno sempre fatto del garantismo una propria bandiera.
Quindi,
coerentemente, fin quando le accuse non verranno provate e i soggetti coinvolti
condannati in via definitiva, per noi vale la presunzione di innocenza. Quello
che ci interessa è l’aspetto politico della vicenda. Più grave di quello
giudiziario, almeno per ora. Vendola si dice estraneo ai fatti che gli vengono
addebitati. La domanda allora sorge spontanea. Come è possibile che chi è a
capo di un ente pubblico, in questo caso una regione (ma l’esempio vale anche
per gli altri enti) non sappia cosa facciano, come agiscano e perché i proprio
collaboratori? È vero, non sempre si può essere “custodi del proprio fratello”.
Però ci viene subito in mente il “non poteva non sapere” di dipietrista
memoria: vale per tutti mica solo per alcuni.
E
se anche Vendola, in perfetta buona fede, non sapesse niente, che credibilità
può avere un politico che non sa controllare i propri collaboratori? Vi
ricordiamo, gentili lettrici e lettori, che Vendola aspira a guidare l’Italia!
E giusto per essere coerenti fino in fondo l’equazione indagato=dimissioni deve
valere per tutti non solo per gli avversari. La realtà è che il vendolismo ha
smesso da molto tempo la sua spinta propulsiva, supposto che l’abbia avuta
realmente, e così il fenomeno Vendola si sta esaurendo. Il buon Nichi
preferisce trascorrere la maggior parte del proprio tempo in televisione, da un
talk-show all’altro dimenticandosi che è un governatore di regione. I militanti
della prima ora cominciano ad abbandonarlo , complice anche la nuova moda
italiana cioè l’antipolitica del populista di turno, il novello Masaniello
Beppe Grillo. Vendola, da persona intelligente, lo ha capito e ha subito
attaccato Grillo, riuscendo a distogliere l’opinione pubblica dai suoi problemi
giudiziari. Che però non solo restano ma vanno avanti.
E che pesano sul suo
futuro politico.
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2 commenti:
Ho imparato da tempo a diffidare degli uomini che parlano molto: di solito concludono poco e di fronte ai problemi reali si sciolgono come neve al sole. Niki è uno di questi!
Ottimo parlatore ,ma tutta retorica. A proposito della sanità in Puglia impostò la sua campagna elettorale per le regionali contro il governatore PDL in carica, sulla razionalizzazione che quello intendeva realizzare paventando uno sfacelo sanitario. Il risultato? Gli ospedali si chiudono lo stesso,i costi lievitano in modo rilevante e le liste di attesa si allungano in modo vertiginoso.Ma il buon Niki non doveva ovviare a tutto ciò? Ai posteri l'ardua sentenza!Comunque non ne possiamo più di partiti ad personam che alla fine "so tutt tal e qual"
Caro Pasquino, i partiti ad personam, così come i demagoghi di turno, sono uno dei maggiori fallimenti della politica post-tangentopoli. La perdita dell'identità politica conseguente alla caccia alle streghe di 20 anni fa, non ha fatto altro che far proliferare queste formazioni. L'opportunismo di rifarsi una nuova verginità ha fatto il resto. In proposito, si chieda quanti partiti hanno mantenuto il proprio nome dalla nascita. A presto.
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