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Un momento della discussione |
mercoledì 17 ottobre 2012
Documento
LA SEGRETERIA REGIONALE DEL PSI DI BASILICATA
nella riunione del 15 ottobre 2012 ha valutato i provvedimenti presi dal Governo e dal Parlamento in ordine al riordino delle Province, come previsto dal D.L. n.95/2012 convertito con la Legge n.135 del 7 agosto 2012.
A seguito dell’esame del provvedimento il PSI di Basilicata esprime le seguenti considerazioni:
1.
In via preliminare, il PSI ritiene che i cittadini lucani non possano ritenersi soddisfatti dell’attività svolta da tutti i rappresentanti istituzionali di Basilicata in seno al Governo e al Parlamento.
Il provvedimento, così come costruito, non avrebbe dovuto condurre al risultato di mantenere una sola provincia coincidente con il territorio della Regione. Eppure il risultato finale determinato dalle decisioni assunte dal Governo nell’individuare i parametri produce il risultato, inaccettabile per la Basilicata, di riorganizzare il territorio lucano su un’unica Provincia avente una dimensione di 10 mila chilometri quadrati. La Provincia più grande d’Italia.
2.
Il PSI ritiene fondamentale garantire la coesione dell’intero territorio regionale, indispensabile per la tenuta democratica della Regione Basilicata.
Coesione e tenuta democratica si realizzano anche con il mantenimento di un elevato grado di policentrismo verticale e anche spaziale nella organizzazione delle istituzioni, reso ancora più necessario dall’indebolimento del sistema dei partiti.
Per questo, senza ambiguità, è necessario raccomandare ai Comuni delle due città capoluogo di Provincia e al Comune di Potenza, in particolare, la necessità di trovare una responsabile soluzione politica, con un’intesa che conduca al mantenimento nella città di Matera almeno della sede degli organi politici dell’ente provinciale.
3.
La Basilicata ha già perso una grande occasione nel non essere riuscita a concretizzare in tempi accettabili il progetto della “Grande Lucania”; un’idea forte che avrebbe recuperato territori, demografia e risorse nella storia e nelle tradizioni comuni a una parte del territorio della Campania. La Grande Lucania ci avrebbe consentito oggi di non dover subire il ridimensionamento istituzionale che la Basilicata è chiamata ad affrontare.
Con più convinzione e maggiore determinazione, la Basilicata deve riaffermare il riconoscimento della sua peculiare identità ed autonomia, nell’ambito di un riassetto dello Stato in chiave federalista che si fondi, però, su un confronto istituzionale “ortodosso”, non pressato dal vento populista dell’antipolitica o dalle esigenze di bilancio.
La democrazia non può essere cancellata dalla oggettiva debolezza di un Parlamento che ha perso di autorevolezza e di credibilità e che oggi si è assegnato da solo il ruolo di notaio.
giovedì 4 ottobre 2012
La denuncia inascoltata
Purtroppo questi sono i risultati del berlusconismo, al quale certa sinistra e tutti i media fino ad ora si sono accodati. E' solo l'ultimo caso di iniziative, proposte, idee che puntualmente sono state ignorate.
mercoledì 3 ottobre 2012
L’elefante nella stanza
Questa famosa espressione viene usata per denunciare una
situazione in cui evidenti verità vengono taciute per compiacere il potere,
politico e non. E’ proprio quello che sta succedendo, da un po’ di tempo a
questa parte, nel M5S. Il cui consigliere regionale Giovanni Favia, in una
recente puntata del programma “Piazzapulita”, ha affermato che nel M5S la
democrazia non esiste. Toh, che sorpresa. Un paio di mesi fa Marco Camisani
Calzolai, docente allo Iulm, ha pubblicato uno studio secondo il quale oltre la
metà dei follower di Grillo (e di altri politici), sono falsi. Mal gliene
incolse. La ritorsione dei grillini e del gran capo è stata immediata. Hanno
attaccato, attraverso il c.d. mailbombing[1], il malcapitato docente che, per tutelarsi, è stato costretto a
rivolgersi alle autorità competenti. E che dire della querelle tra il
neosindaco parmense Pizzarotti e Grillo sulla nomina (poi ritirata – il capo è
il capo!) di Valentino Tavolazzi cacciato dal Movimento perché inviso a Grillo
in quanto reo di aver denunciato lo strano connubio (mai chiarito…) tra lo
stesso e la Casaleggio Associati. Sandra Poppi, consigliere comunale di Modena,
espulsa perché accusata di denigrare il
movimento mentre aveva solo denunciato una scorrettezza ai suoi danni[2]. Vittorio Ballestrazzi, uno dei fondatori del M5S di Modena si oppone
all’espulsione. Cacciato anche lui. La lista degli epurati è lunga. A Cento i
dissidenti, cacciati perché non allineati riguardo al caso Tavolazzi, hanno
modificato il simbolo e il nome formando un nuovo movimento politico. Ma l’episodio
più grave resta il caso Favia. A parte la ridicola ipotesi del complotto (le
affermazioni sono state fatte durante un fuorionda), vecchio vizio italico
usato da molti per giustificare le proprie magagne[3], la faccenda è talmente seria
che Favia, formalmente solo sfiduciato ma non cacciato (che sottile forma di
esclusione…), ha replicato alle accuse di Grillo citando l’ormai famosa frase
di Fini “che fai mi cacci?”. Un capo che
decide, insindacabilmente e da solo, chi può far parte e chi può candidarsi (a
quando il “manifesto della pura razza grillina”?). Molti proclami e poche
proposte alcune delle quali veramente assurde come quella di introdurre a Parma
il fiorino come moneta di scambio al posto dell’euro. O come quella di rendere
pubbliche le leggi on line almeno tre mesi prima dell’approvazione in modo tale
da permettere ai cittadini di fare i propri commenti. Assurda perché, se ad
esempio, si trattasse di un provvedimento antievasione quel tempo potrebbe
bastare agli evasori per fare le contromosse. I militanti, pardon iscritti, del
M5S continuano a sostenere, mentendo sapendo di mentire, che sono indipendenti
da Grillo. Che rimane l’unico proprietario del logo e di conseguenza il dominus
incontrastato del M5S. Un dominus che si arroga il diritto divino, frutto di
una molto presunta superiorità morale, di parlare contro tutti e con qualsiasi
tono. E se qualcuno si difende da questi attacchi magari sporgendo querela,
Grillo si trincera dietro la libertà di parola e della rete. Se però è lui, o
il M5S, ad essere criticato allora scatena i suoi integralisti seguaci contro
il malcapitato di turno. Senza nemmeno chiedersi se le critiche sono fondate o
meno. Alla faccia della libertà di parola, della rete, del civile diritto di
critica e del dissenso e, soprattutto, della democrazia. Che non abita nel M5S.
[1] E’ una forma di attacco informatico
attraverso il quale grandi quantitativi di email vengono inviati ad un unico
destinatario provocandone l’intasamento della posta elettronica. Una delle
secondarie conseguenze è l’impossibilità di usare la connessione internet per
altri scopi o anche il crash dei server che sono preposti alla scansione antispam
e antivirus della posta stessa.
[2] La Poppi, alle regionali del 2009, si piazza
seconda alle spalle di Favia. Quest’ultimo, dovendo scegliere tra i collegi di
Modena, Bologna e Reggio Emilia, su indicazione del M5S, opta per il primo,
consentendo di entrare in Regione all’amico De Franceschi che aveva ottenuto
meno della metà delle preferenze della Poppi. Quando si dice la vera amicizia...
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